Introduzione allo standard
Digital Video Broadcasting


sviluppo della tesi di laurea: 

Architettura di Sistemi (STB) per Digitale Terrestre
su alcune innovazioni



3. Trasmissione terrestre DVB-T

3.1 Lo Standard DVB-T

La definizione delle specificazioni DVB-T [1] risale al novembre 1995, con approvazione come standard ETSI nel febbraio 1997. Il sistema è progettato per operare nelle bande UHF e VHF lasciando inalterata l’attuale antenna Yagi di ricezione. Poiché il canale radio terrestre è disturbato da “fading” selettivi (le fasi differenti del segnale utile e dell’interferente creano un’interferenza distruttiva che “distrugge” l’informazione su una porzione di banda) ed anche da disturbi impulsivi che causano “burst” di errori, viene adottata la modulazione : OFDM (“Orthogonal Frequency Division Multiplexing”) che risulta particolarmente robusta ed indicata per i disturbi di carattere spettrale.

3.1.1 Modulazione COFDM

La codifica OFDM è una tecnica di modulazione multi-portante che, combinata con una codifica per la correzione degli errori, consente di adattare il flusso di transport stream MPEG-2 alle caratteristiche peculiari del canale terrestre. La modulazione risultante è denominata COFDM (Coded Orthogonal Frequency Division Multiplex). Il demodulatore è in grado di demodulare correttamente tutti i modi non gerarchici in essa specificati ed è in grado di operare in tutte le configurazioni di costellazione (QPSK, 16-QAM o 64-QAM), code-rate (1/2, 2/3, 3/4, 5/6, 7/6), intervallo di guardia (TU/4, TU/8, TU/16, TU/32) e modo di trasmissione (2K e 8K). La demodulazione e decodifica dei modi gerarchici 16-QAM e 64-QAM, inizialmente opzionale, è diventata ultimamente un requisito necessario [5].

Ad integrazione di quanto appena esposto, vediamo in specifico gli elementi citati:

3.2 Architettura di Rete per il DVB-T

3.2.1 Modello di Architettura di Rete

Vediamo come può essere rappresentato un modello dell'architettura di rete per il DVB-T (fig. 3.1).




Figura 3.1: Modello dell'architettura di rete



Le componenti e le funzioni del modello rappresentato sono i seguenti:

3.2.2 Playout

Nel centro playout i programmi televisivi sono codificati nello standard MPEG-2 e assemblati dal multiplex con altri dati e informazioni. Il transport-stream in uscita viene quindi,quando necessario, inviato al SFN adapter che crea la struttura di Mega Frame e inserisce il MIP (Mega Frame Initialization Packet). Il network adapter ha la funzione di interfacciare la rete di distribuzione che alimenta i trasmettitori della rete di diffusione. L'SFN adapter è usato solo quando la rete è del tipo SFN, poiché non è necessario nel caso in cui tale rete sia del tipo MFN; la sua funzione è di inserire i segnali GPS (Global Position System), ricevuti attraverso un opportuno ricevitore, per la sincronizzazione del transport-stream necessaria per il funzionamento delle reti SFN. Il playout è sostanzialmente lo stesso sia quando le reti di diffusione utilizzate sono del tipo SFN sia quando sono del tipo MFN (nel secondo caso manca il modulo SFN adapter).

3.2.3 Rete di Distribuzione

Il segnale in uscita dal playout ai trasmettitori delle reti di diffusione viene trasferito dalla rete di distribuzione. Le reti di distribuzione possono essere realizzate attraverso ponti radio terrestri, fibre ottiche o satelliti. Le reti di distribuzione che sono attualmente utilizzate in Italia per la televisione analogica sfruttano prevalentemente ponti radio terrestri. Per il trasporto del segnale digitale è necessario convertirle alla nuova tecnologia. Questo tipo di rete basato sulla nuova tecnologia si adatta facilmente alla distribuzione sia di programmi nazionali sia di programmi locali. La realizzazione di reti in fibra ottica presenta in generale difficoltà per quanto riguarda la distribuzione dei segnali televisivi. Tale difficoltà risulta evidente data la difficile collocazione geografica dei trasmettitori. Ciò comporta una struttura di rete ad albero, costituita da una dorsale e tante ramificazioni quanti sono i trasmettitori della rete di diffusione da alimentare. Le reti di distribuzione non devono introdurre ritardi nel trasporto del segnale digitale superiori a 1 secondo, affinché possano essere compensati all'SFN-sync.

3.2.4 Rete di Diffusione

La tecnologia digitale consente di pianificare reti utilizzabili per lo sviluppo di reti nazionali e locali di tre tipi:

Per quanto riguarda l'hardware delle reti di diffusione, si possono grossolanamente distinguere i seguenti tipi di impianti: trasmettitore, ripetitore, gap filler.

Da segnalare anche che i vari tipi di reti possono essere progettate per servizi rivolti prevalentemente all'utenza fissa o all'utenza mobile. Nel primo caso è più adatta la modalità di modulazione OFDM a 2000 portanti, nel secondo caso è da preferire la modalità a 8000 portanti.

3.2.4.1 Reti SFN

Le reti SFN vengono usate quando si devono irradiare gli stessi programmi e servizi in una stessa area, quando cioè non è richiesto né l’inserimento nel transport-stream di nuovi contenuti, né la sostituzione di parti del contenuto. Tutti i trasmettitori devono diffondere lo stesso transport-stream in uscita dal playout in un intervallo di tempo non superiore a 1 sec. Questo comporta la necessità di sincronizzare tutti i trasmettitori, segnalato come criticità per questo tipo di reti. La soluzione è quella di realizzare l'inserimento nel transport-stream di segnali GPS (per mezzo di un SFN adapter).




Figura 3.2: Modello del sistema di diffusione con rete SFN



Tali segnali sono poi confrontati con quelli ricevuti tramite il GPS. Il confronto avviene per mezzo del modulo SFN-sync che provvede anche a compensare il tempo di propagazione sulla base della differenza calcolata tra l'istante di invio (uscita dal playout) e l'istante d'arrivo all'ingresso di ciascun trasmettitore della rete. Le reti SFN sono costituite da trasmettitori e gap-filler. Non è possibile utilizzare questi ripetitori nella realizzazione di queste reti in quanto non è possibile compensare le differenze nei tempi di propagazione.

L'uso di gap-filler [6] presenta alcune difficoltà in particolare per quel che riguarda il raggiungimento dell'elevato disaccoppiamento tra antenna ricevente e antenna trasmittente (riduzione della qualità del segnale). Lo schema generale del sistema da utilizzare per il servizio diffuso tramite reti SFN è riportato nella figura 3.2. In sintesi il sistema SFN opera come segue: il transport-stream, nel quale sono inseriti anche i segnali GPS di sincronizzazione, viene trasferito ai trasmettitori attraverso la rete di distribuzione. Nel centro trasmittente il ritardo accumulato dal transport-stream si compensa tramite l'SFN-sync e viene poi irradiato dal trasmettitore.

3.2.4.2 Reti MFN

Le reti MFN (dette anche Conventionally Planned Networks) possono essere impiegate per la diffusione di programmi e servizi sia in ambito nazionale che locale.




Figura 3.3: Modello del sistema di diffusione con rete MFN



La loro principale caratteristica è data dalla possibilità di inserire nel transport-stream nuovi contenuti, o parti di essi, da irradiare in aree specifiche del complessivo ambito territoriale servito dalla rete. Inoltre, questo tipo di rete ha la proprietà di essere decomponibile: i trasmettitori delle reti in questione non necessitano di essere sincronizzati come nel caso delle reti SFN. Ne consegue che nei relativi playout non sono presenti i ricevitori GPS e gli SFN adapter; analogamente, nei trasmettitori mancano sia i ricevitori GPS che i moduli SFN-sync.

Le reti MFN sono costituite da trasmettitori e ripetitori mentre difficilmente vengono usati gap-filler. Gli impianti ripetitori sono utilizzati per l'estensione delle aree servite dai trasmettitori e sono allocati al di fuori di tali aree.

La normativa vigente in Italia per l'elaborazione dei piani di assegnazione delle frequenze prevede che per i collegamenti tra impianti di diffusione si debbano usare ponti radio, cavo o satellite, con la conseguenza che per i ripetitori non è prevista alcuna protezione dalle interferenze. Questo limita fortemente l'uso di ripetitori nelle reti in esame. Se si considera, come esempio, una rete nazionale MFN che viene decomposta in reti regionali, si ha il modello schematico del sistema per servizi nazionali e servizi regionali che è riportato nella figura 3.3. Il funzionamento può essere sinteticamente descritto come segue: dal playout nazionale il transport-stream è inviato ai playout regionali mediante una rete di distribuzione nazionale SFN. Nei playout regionali, se previsto, vengono eliminati alcuni programmi provenienti dal playout nazionale e vengono inseriti contenuti locali (provenienti per esempio dalle emittenti locali) e aggiornate le informazioni contenute nel SI (Service Information).

L'uscita dal playout regionale viene quindi inviata tramite la rete di distribuzione regionale ai trasmettitori della rete regionale di diffusione.

3.2.4.3 Reti miste k-SFN

Una rete k-SFN è una rete costituita da k sottoreti isofrequenziali (SFN locali), ciascuna delle quali utilizza la composizione degli echi isofrequenza che cadono all'interno della finestra di guardia. In particolare, in una rete k-SFN a servizio nazionale si compongono tutti gli echi isofrequenza che cadono nella finestra di guardia, mentre in una rete k-SFN a servizio regionale si compongono costruttivamente i soli echi isofrequenza che giungono al ricevitore da siti la cui area di servizio appartiene alla regione in esame. La copertura totale di una rete k-SFN nella specifica area geografica è data dalla somma delle coperture delle k sottoreti.

I sopracitati tipi di reti si distinguono anche per quanto riguarda la loro capacità di trasmissione, che è minore per le reti SFN rispetto alle reti MFN. Ciò comporta che le reti SFN possono trasmettere un numero minore o uguale di programmi rispetto alle reti MFN ma con minore qualità. Le reti pianificate a livello nazionale possono essere decomponibili in reti a livello regionale, provinciale o sub-provinciale. Su ogni rete possono essere trasmessi più programmi e servizi (almeno 4 programmi oltre ai servizi).

L’espressione “reti pianificate a livello nazionale” non si riferisce ad una nazionalizzazione dell’emittenza, ma ad una modalità di pianificazione degli impianti da utilizzare sia a livello nazionale che locale.

È bene sottolineare che gli esempi sopra riportati si identificano a schemi rigidi, per natura puramente teorici.

3.2.5 Sistemi di ricezione individuali e centralizzati

I sistemi riceventi d'utente si suddividono in due grandi categorie, individuali e centralizzati. I sistemi di ricezione individuali utilizzano il sistema di antenne e la rete di distribuzione interna agli edifici, quelli centralizzati, richiedono anche un preamplificatore e una centrale di testa, a banda larga, a bande separate o canalizzata.

I sistemi centralizzati si suddividono poi per tipologia di trasmissione del segnale, terrestre o satellitare:



In fondo alla catena trasmissiva, abbiamo gli impianti domestici di decodifica, i Set Top Box, l'oggetto di studio di questo lavoro. Con l'adozione del canale di ritorno per servizi interattivi, attraverso una generica Interfaccia(Interactive Interface Module – IIM), si può comunicare con il playout, completando così il ciclo trasmissivo indicato nel modello di architettura di rete visto all'inizio (fig. 3.1).

3.3 DVB-H estensione mobile di DVB-T

Nel sistema di trasmissione terrestre appena visto, si inserisce ora un nuovo elemento in grado di rientrare a pieno titolo nello standard terrestre, ma spostando il fuoco sugli apparati di ricezione mobili che, in quanto tali possono trovarsi anche dentro le mura domestiche. Anche se può apparire un non senso utilizzarli dove già si possiede un apparecchio televisivo, questi apparati spesso godono del vantaggio di avere già in origine un canale di ritorno integrato, che invece potrebbe non essere fruibile nel STB per svariate ragioni, la prima di tutte, l'assenza di una linea telefonica. Questo preambolo, per introdurre lo standard DVB-Handheld (DVB-H), che porterà il segnale digitale terrestre su tutti gli apparati mobili di piccole dimensioni, tra cui i telefoni cellulari di terza generazione (3G).

Il DVB-H è uno standard sviluppato dal DVB Project per il broadcasting audio/video per apparati di tipo handheld. È basato sulla tecnologia DVB T che, tramite un incapsulamento (IP Datacasting), è in grado di trasmettere ad apparati mobili alimentati a batteria, come ad esempio telefoni cellulari e PDA, con un'ottima affidabilità e velocità di ricezione.

Il DVB-T, pur non essendo stato disegnato a tal fine, ha mostrato subito di funzionare molto bene anche con la ricezione mobile, come è stato dimostrato sia in Italia con le sperimentazioni eseguite dalla RAI, che all'estero. In Germania e Singapore sono stati già attivati i primi servizi e con ottimi risultati. Nonostante questo successo sulla ricezione mobile, si è subito constatato che, per i dispositivi portatili, il problema maggiore era riscontrabile nel consumo energetico, che non riusciva ad essere soddisfatto dalle batterie disponibili. Il DVB-H è stato studiato proprio per ovviare a questo limite.

I requisiti per il DVB-H sono stati quindi redatti tenendo presente la necessità di realizzare servizi per apparati portatili di tipo 2.5G e 3G sfruttando le sue peculiarità, una capacità ricevente di 15Mbit/s su un canale di 8MHz. Il tutto, cercando di mantenere nello sviluppo la massima compatibilità con i sistemi e le reti DVB-T già esistenti.


Figura 3.4: Schemi di multiplexing DVB-H



3.3.1 Caratteristiche Tecniche

Per soddisfare i requisiti sopra citati, le specifiche del DVB-H includono una trasmissione discontinua (time-slicing), il modo 4K, che si inserisce tra i modi 2K ed 8K del DVB-T e l'incapsulamento multi protocollo con correzione d'errore.

3.3.1.1 Time-Slicing

Contrariamente alla trasmissione continua dei dati del DVB-T, lo standard DVB-H utilizza un meccanismo in cui vengono ricevuti bursts di dati alla volta, definito comunemente un IP datacast carousel. Questo significa, in pratica, che, grazie ad un segnale di controllo, il ricevitore rimane inattivo per la maggior parte del tempo, risparmiando circa il 90% nei consumi.

3.3.1.2 4K-mode

Con l'inserimento del modo 4K con circa 3409 portanti attivi, il DVB H si avvantaggia del compromesso tra la capacità SFN di alta velocità in una area ristretta del modo 2K DVB-T e la velocità più bassa ma in un'area più grande di quello 8K DVB-T. Inoltre, grazie all'impiego di “in-depth interleavers” avanzati nei modi 2K e 4K, il DVB-H beneficia di un maggiore livello di protezione rispetto alle interferenze causate da impulsi di rumore brevi, come quelli prodotti, ad esempio, dall'accensione di un automobile o dall'uso di elettrodomestici.

3.3.1.3 MPE-FEC

La possibilità di aggiungere uno schema di correzione dell'errore FEC (Forward Error Correction) a livello di multiplexer, significa che le trasmissioni DVB-H possono risultare ancora più sicure, e questo è un innegabile vantaggio visto l'ambiente poco sicuro in cui opera ed il disegno solitamente abbastanza povero dell'antenna degli apparati handheld. MPE-FEC permette di migliorare le prestazioni del sistema DVB-T in ambiente mobile e di ridurne la sensibilità all’interferenza impulsiva. L’informazione di parità calcolata dal codice RS (255,191,64) sui datagrammi IP, viene trasmessa in sezioni separate denominate MPE-FEC, per poter essere ignorata dai ricevitori non in grado di decodificarla. Il codice ha un’efficienza del 75% ed è in grado di correggere fino a 64 byte errati su 255 ricevuti nella configurazione base; massima flessibilità è però lasciata agli operatori di aumentarne o ridurne l’efficienza agendo sui bit di informazione o parità.

3.3.2 Compatibilità con DVB-T

Come il DVB-T, DVB-H può essere usato con canali da 6, 7 e 8 MHz. Tuttavia, è stata specificata anche un'opzione a 5MHz per utilizzi in ambienti non-broadcast. Requisito chiave iniziale, e caratteristica significativa del DVB-H, è la sua capacità di coesistere nello stesso multiplex con il DVB-T. In questo modo, un operatore può scegliere di avere due servizi DVB-T ed un servizio DVB-H nello stesso unico multiplex DVB-T.